George Best, l'immortale by Duncan Hamilton

George Best, l'immortale by Duncan Hamilton

autore:Duncan Hamilton
La lingua: ita
Format: epub
editore: 66thand2nd
pubblicato: 2015-11-09T16:00:00+00:00


Terza parte Nessuno sa cosa si prova a essere me

11. Una mongolfiera arancione

La saggezza arriva col senno di poi. Appena Sir Matt Busby annunciò il proprio pensionamento, George Best avrebbe dovuto tracciare una linea sulla cartina e seguirla. Invece di far costruire Che Sera e restare al Manchester United, avrebbe dovuto firmare per una squadra all’estero. In seguito lo avrebbe riconosciuto: «Poteva essere la mossa giusta, andarsene dal paese per qualche anno e giocare con un’altra maglia». Si sarebbe spinto anche oltre, dicendo che doveva chiedere di essere ceduto e «filarsela in un baleno».

Aveva ricevuto offerte dalla Spagna e dall’Italia. Il Real Madrid, in cerca di un altro Alfredo Di Stéfano e di un secondo Ferenc Puskás, era interessato. Ma Best non gradiva molto l’idea di trasferirsi nella capitale di Franco. Anche la Juventus, all’asciutto in campionato dal 1967, l’avrebbe aiutato volentieri a fare i bagagli. A informarlo era stato John Charles, che a Torino aveva vinto tre scudetti: il trasferimento gli avrebbe ridato vigore. Charles gli lasciò intendere che lo stipendio che prendeva allo United, paragonato ai soldi che sarebbero piovuti oltremanica, era una manciata di spiccioli. La Juventus, finanziata dalla Fiat, aveva dato a Charles un appartamento gratis, un’auto sportiva nuova, abiti su misura e camicie di seta. Charles poi si era comprato una villa del Diciassettesimo secolo che dominava la valle del Po. Per strada era trattato come un membro della famiglia reale: «Non uscivo quasi mai con i soldi in tasca perché nessuno mi avrebbe lasciato pagare. Mi offrivano tutto». Charles gli spiegò anche che in Italia lo avrebbero marcato così stretto che, una volta tornato a giocare in un altro paese, il campo gli sarebbe sembrato due volte più grande. Il gallese pensava che Best potesse solo guadagnare da quell’esperienza – avrebbe migliorato il suo stile di gioco e allargato i suoi orizzonti. Rassicurò Best dicendogli che, come Denis Law, dopo un paio d’anni sarebbe potuto tornare a Manchester e riprendere la sua carriera.

L’architetto Le Corbusier ha reso omaggio a Torino definendola «la città con la più bella posizione naturale al mondo». Per Best, tuttavia, non era abbastanza bella. Inoltre, come disse a Charles, nella Serie A i difensori cercavano di strapparti i legamenti senza anestesia. Best non conosceva altre lingue e non era propenso a impararne una. Gli italiani, per i suoi gusti, erano troppo puritani nei confronti dell’alcol. Per un giocatore la moderazione era la regola. Un bicchiere di vino era accettabile, una bottiglia intera no. Secondo Johan Cruyff, Best sarebbe dovuto andare in Olanda. A livello di club e di nazionale gli olandesi vivevano un momento d’oro. Il Feyenoord aveva vinto la Coppa dei Campioni nel 1970. L’Ajax di Cruyff avrebbe trionfato nelle tre successive edizioni. «Per un giocatore come George, lo stile dell’Ajax era una manna dal cielo. Avrebbe dovuto giocare per noi» disse Cruyff. «Si sarebbe inserito alla perfezione».

La squadra di Best però era lo United, e la sua città Manchester. Le fondamenta di Che Sera erano state gettate e la casa ormai era più che un semplice scheletro di cemento.



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